5 marzo, 2022

IO RESTO QUI. I MINORI E LA PROTEZIONE DELLA CASSAZIONE: NO ALLA ALIENAZIONE PARENTALE ED ALLA BIGENITORIALITA’ FORZOSA

Farà storia l’ordinanza n. 9691/22 emessa dalla Corte di Cassazione in data 24 marzo 2022.

Il provvedimento boccia irrimediabilmente il concetto ascientifico della c.d. alienazione parentale, teoria di stampo tipicamente forense, in forza della quale, da circa 20 anni, i giudici di merito italiani emettono provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale nei confronti di madri accudenti e presenti, la cui unica colpa sarebbe quella di aver alienato la figura dell’altro genitore agli occhi del minore, il quale, a causa di un presunto condizionamento psicologico, rifiuterebbe il rapporto affettivo con lui, così come delineato dal costrutto di R. Gardner, perito forense morto suicida e simpatizzante della pedofilia. In sostanza, questa teoria postula che

a) la madre è simbiotica e malevola

b)  il bambino che non ha accesso alla figura paterna è a rischio evolutivo, è malato e va curato

c) la madre va allontanata perché responsabile del rischio evolutivo del bambino e/o curata perché anch’essa malata

L’ordinanza in esame conclude positivamente la drammatica esperienza decennale di Laura Massaro e del figlio L., entrambi entrati nel tritacarne della macchina giudiziaria e liberati dalla ordinanza de qua. Tale ordinanza costituisce il RICONOSCIMENTO DELLA BIGENITORIALITA’, principio sancito dalla L.54/06, ma come diritto del minore e NON come pretesa di un genitore contro l’altro. La Corte ricolloca, infatti, il minore e la sua volontà al centro dei procedimenti che lo riguardino, invertendo la posizione adultocentrica della sentenza cassata, che disponeva l’allontanamento coatto del bambino dalla madre, con interruzione sine die dei rapporti con lei ed il suo trasferimento in casa-famiglia e successivo collocamento presso il padre, richiedente tali drammatiche misure.

L’ordinanza riconosce, insomma, i minori non oggetti ma SOGGETTI DI DIRITTO

I provvedimenti in esame, troppo spesso acriticamente aderenti alle risultanze delle perizie, redatte da psicologi e psichiatri forensi, quasi nella totalità dei casi sostenitori della menzionata teoria (per approfondimenti http://studiolegalemarinamarconato.it/alienazione-parentale-e-narcisismo-patologico-e-psicopatia-connubio-mortale/ ) dispongono, unitamente alla decadenza della responsabilità genitoriale, il prelevamento forzoso del minore dalla propria residenza ed il suo trasferimento coatto presso una casa-famiglia, con sostanziale interruzione di ogni contatto con il genitore decaduto, genitore che, solitamente, è la madre. I provvedimenti aderiscono in toto alle conclusioni delle CTU o alle relazioni degli assistenti sociali, ritenendo a rischio evolutivo bambini in realtà perfettamente sani ed inseriti socialmente.

 Il concetto di rischio evolutivo è un nonsense utilizzato molto frequentemente dai periti forensi che non chiariscono, come nel caso de quo, di quale rischio si stia parlando, né attestano quali ne siano i parametri scientifici. In realtà, gli psicologi e psichiatri lontani dal mondo forense non conoscono affatto tale teoria, esclusivamente presente nei manuali forensi scritti dai suoi stessi sostenitori, poiché non è inserita in alcun manuale e rivista scientifica né nel DSM 5 (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) in ragione della sua evidente “ascientificità” dovuta alla mancanza di dati a sostegno». Anche il Ministero della Sanità, con il recente intervento del 29.5.2020, ha precisato che la Sindrome da Alienazione Genitoriale o da Anaffettività Genitoriale «non risulta inserita in alcuna delle classificazioni in uso come la International classification of disease (ICD 10)

Abbiamo chiesto al Dott. Paolo Cianconi, psichiatra e psicoterapeuta, phd in neuroscienze e docente senior, esperto in personalità abusanti e contesti violenti ed in vittimologia, psichiatra presso la Casa Circondariale di Regina Coeli di Roma, cosa pensasse della teoria della alienazione parentale e dei sottotitoli con cui viene denominata, ovvero sindrome della madre malevola, patto di lealtà, sindrome della madre simbiotica. Il Dott. Cianconi afferma “il concetto di alienazione parentale, ovvero la teoria secondo la quale se si sottrae un genitore (anche abusante) ad un bambino, questo bambino verrà inevitabilmente caratterizzato negativamente o, come si sente spesso dire, “avrà un rischio evolutivo“ è un falso scientifico. Secondo le teorie delle neuroscienze, la mente si adatta ai contesti, si adatta alle persone, si adatta ai caregiver, a qualsiasi tipo di caregiver.  Se un soggetto in crescita riesce a trovare la coerenza di norme salutari, affetto e ricchezza di emozioni e la possibilità di espandersi liberamente, la mente si adatta ed il corpo e la mente crescono tranquillamente bene. Pertanto, ogni bambino può crescere bene con un solo genitore, con due genitori, dentro un asilo, in un ospedale, con le cure degli zii, con le cure dei nonni; tutto va bene se la qualità è buona, basta che venga data un’educazione coerente, che il bambino si senta protetto, non si senta precario. Nessun minore va forzato nelle manifestazioni d’affetto, i bambini devono avere la libertà e il diritto di mostrare amore come e quando lo desiderano e non in cambio di giochi o della soddisfazione dell’adulto. Questo aspetto è fondamentale per permettere al minore di vedere riconosciuti il proprio mondo interno, i propri stati emotivi e i propri bisogni. Inoltre è un fattore protettivo molto importante verso le relazioni con gli altri, perché il bambino impara a rispettare sè stesso e a non usare l’affetto come merce di scambio nelle relazioni.”

L’ordinanza della Cassazione n.9691/22 recita: “l’accertamento della violazione del diritto del padre alla bigenitorialità, nonché la conseguente necessità di garantire l’attuazione del diritto, di per sé, non possono comportare automaticamente, ipso facto, la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, quale misura estrema che recide ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale ed affettivo. La Corte D’Appello preso atto dell’esito infruttuoso dei vari percorsi intrapresi dai SS e dai vari CTU…omissis…ha ritenuto che tale diritto non possa essere realizzato se non attraverso la decadenza della responsabilità genitoriale della madre e l’allontanamento del minore dalla sua residenza…. E a rimuovere la figura della madre in quanto pericolosa per la salute fisio-psichica del minore. …omissis…Il Collegio osserva che tale orientamento postula il trionfo della formula astratta , nell’assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato ex abrupto dal riferimento alla figura materna con la quale ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino…omissis…Invero la Corte di Appello come anche il Tribunale dei Minorenni, ha del tutto omesso  di considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sull’assetto cognitivo del minore di una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita. Al riguardo occorre evidenziare che il diritto alla bigenitorialità è anzitutto UN DIRITTO DEL MINORE prima ancora che dei genitori”.

La pronuncia in esame espone dei principi fondamentali in materia di affidamento dei minori:

–Il diritto del minore è un diritto sostanziale cioè il diritto del minorenne a che il proprio superiore interesse sia valutato e considerato preminente 

– il diritto del minore configura un principio giuridico interpretativo fondamentale: se una disposizione è aperta a più interpretazioni si dovrebbe scegliere quella più efficace al superiore interesse del minore. L’ordinanza ritiene che, per realizzare il diritto alla bigenitorialità non si può non considerare la questione della sottrazione del minore alla madre ed all’ambiente familiare in cui è cresciuto ed accudito amorevolmente e senza alcuna apparente problematica

– sussiste una contradictio in terminis laddove le CTU lamentano danni irreversibili per la privazione della figura paterna ma non valutano i traumi causati dall’allontanamento dalla figura materna

– illegittimità del richiamo alla sindrome di alienazione parentale e ad ogni suo corollario; il postulato patto di lealtà o condizionamento psicologico come riportati nelle CTU e nei provvedimenti sono tacciati dalla Cassazione come termini espressivi o suggestivi che lasciano aleggiare la teorica della sindrome dell’alienazione parentale quale forma specifica di abuso psicologico che la accomuna, ex art. 333 c.c., alle altre forme di violenza. Ma il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, NON PUÒ DIRSI LEGITTIMO, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre (Cass., 13217/21). La Suprema Corte di Cassazione ritiene che il giudice debba verificare la correttezza applicativa della psicologia o delle scienze mediche sulla base di criteri universalmente conosciuti ed approvati.

– nullità dei provvedimenti di affidamento in caso di omesso ascolto del minore. La Corte di Cassazione afferma “in tema di affidamento dei figli minori nell’ambito del procedimento di divorzio, l’ascolto del minore infradodicenne  capace di  discernimento  costituisce   adempimento previsto  a  pena  di  nullità, atteso  che  è espressamente  destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni. Tale adempimento non può essere sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, la quale adempie alla diversa esigenza di fornire al giudice altri strumenti di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse in relazione al quale incombe sul giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione anche se ritenga di delegarlo ai periti atteso che solo l’ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore  al procedimento che lo  riguarda  (Cass.,  n.  1474/21).

–contrarietà alle norme di uno STATO DI DIRITTO le disposizioni di esecuzione coattiva dei provvedimenti di allontanamento dei minori con l’uso di una certa forza fisica diretta a sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre, per collocarlo in una casa-famiglia, a prescindere dall’età del minore

– il Sostituto Procuratore Generale osserva che gli artt. 330, 333, e.e., 68 c.p.c. siano da interpretare nel senso che l’allontanamento del minore dalla sua residenza possa avvenire solo per evitare un pericolo grave ed imminente per la sua incolumità, per il tempo strettamente necessario.

E’ doveroso ricordare che i prelevamenti dei minori vengono attuati in modo altamente traumatico e devastante, spesso con l’ausilio della forza pubblica e con lo spiegamento di mezzi e operatori (assistenti sociali, psicologi) presenti alla disumana scena della sottrazione, realizzata anche con distruzione delle porte della stanza in cui il piccolo terrorizzato si rifugi, con l’uso della forza fisica per trascinarlo via, con l’uso della forza fisica per immobilizzare la mamma. Bambini sottoposti ad un trauma irrimediabile, che gridano, pregano di essere lasciati a casa, che si fanno i bisogni addosso per lo spavento, che sono strappati alla loro vita, alla scuola, ai compagni contro la loro volontà e senza alcuna motivazione scientifica e giuridica, anzi in spregio delle risultanze della scienza e delle norme nazionali ed internazionali a protezione dell’infanzia, della salute e dei diritti civili.  Bambini che vengono quindi inghiottiti nel nulla, di cui non si hanno più notizie, spesso storditi dai farmaci somministrati per farli stare quieti, costretti, pur in assenza di patologie psicologiche accertate, a percorsi di reset tesi a cancellare la figura materna, ritenuta lesiva, al fine di riconsegnarli al padre, bambini strappati il cui numero effettivo non si conosce (ma si stimano migliaia di casi), bambini violati dallo stravolgimento del concetto di bigenitorialità che è e dovrebbe essere un diritto del minore e non del genitore, bambini-business giacchè, lo si sappia, la permanenza di ogni bambino nelle strutture ha un costo pubblico che va da Euro 200 ad Euro 400 al giorno.

La teoria della alienazione parentale e dei nomignoli via via ad essa dati era stata già condannata dalla Cassazione in varie pronunce anche recenti, tuttavia, continua ad ispirare i provvedimenti dei Tribunali e delle corti d’Appello. L’ordinanza della Cassazione n.13217/21 la definisce priva di validità, tacciandola come TATERTYP, approccio sviluppatasi nella Germania nazista. Si legge nella ordinanza che “il giudice di merito, nell’aderire alle conclusioni dell’accertamento peritale, non può, ove all’elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto – sulla base delle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti e ricorrendo anche alla comparazione statistica per casi clinici – a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare”

Eppure, la maggioranza dei CTU giunge a conclusioni kafkiane laddove, sostituendosi al Giudice nell’accertamento dei fatti, prevede modalità e sanzioni, consiglia la privazione per i bambini sani ed in buona salute psico-fisica, pur in assenza dello stato di abbandono o di maltrattamento, dell’unico genitore che abbia avuto accanto. Il ragionamento giunge all’apice allorchè si chieda che la madre ( o il padre) perdano l’affidamento e sia prospettata addirittura la perdita del collocamento, ritenendo satisfattivo dell’interesse di un bambino essere sradicato dalla propria casa, dai propri affetti, dalle proprie abitudini per trasferirsi in un luogo in cui non è mai stato, presso persone con cui non ha legami affettivi ed essere costretto, in nome di una bigenitorialità, di cui evidentemente non si è compreso il valore di fondo, a non vedere più solitamente la mamma (o il caregiver di riferimento) o a vederla sporadicamente in ambiente protetto, come fosse un soggetto pericoloso, maltrattante o disturbato.

La letteratura scientifica mondiale ed il sistema normativo, la giurisprudenza unanime sono concordi nel ritenere l’allontanamento di un bambino dal contesto familiare in cui è cresciuto, proprio per il trauma che comporta e la sofferenza che causa, una estrema ratio da utilizzare nei casi in cui l’incolumità sia a rischio o vi sia uno stato di abbandono.

FIGLI DI GENITORI VIOLENTI

In senso diametralmente opposto, va, invece, collocata la fattispecie riconducibile agli episodi di violenza domestica e violenza assistita. Per il CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia) «per violenza assistita intrafamiliare si intende qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; di tale violenza il/la bambino/a può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti». La Convenzione di Istanbul sottoscritta l’11.5.2011 e ratificata dall’Italia con Legge 27.6.2013 n. 77, codifica per la prima volta la violenza assistita affermando che “i bambini sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all’interno della famiglia”. Le conseguenze sono gravi e possono comportare l’insorgenza di disturbi, tra i quali il disturbo post traumatico da stress. I bambini cresciuti in un ambiente domestico violento sono maggiormente esposti al rischio di aggressività poiché l’abuso porta una risposta cronica di stress e può portare al mancato sviluppo di controllo degli impulsi e della regolazione emotiva. Uno dei fattori di rischio di molti disturbi tra i bambini e gli adolescenti è proprio rappresentato da fattori ambientali, ossia dal vivere in un ambiente domestico violento, stressante (per approfondimenti https://contattozero.com/2021/09/22/i-figli-della-violenza/)  Tra i disturbi più frequenti si rilevano il disturbo d’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo ed il disturbo da stress post traumatico. Il Dott. Paolo Cianconi a tal proposito afferma “un bambino non cresce bene se è esposto alla violenza, alla vicinanza con persone  antisociali, agli abusi e neglet. Senza entrare troppo nello specifico della psicotraumatologia e delle sue conseguenze nell’età dello sviluppo (disturbi di personalità disturbi post traumatici complex), le teorie scientifiche sono fin troppo chiare: la salute mentale di chi viva in contesti ove siano presenti, costantemente e senza controllo, persone inadeguate, abusive e perverse ne potrebbe risentire. In questo caso esiste un vero e scientificamente provato rischio evolutivo. Il problema risiede anche in certi operatori della salute mentale che sono inadeguati ai ruoli che rivestono o che hanno una formazione scientifica basata su materiale obsoleto e non aggiornato, pur essendo chiamati a decidere del destino di bambini”.

Sorprendentemente, nei procedimenti per l’affidamento dei minori o in quelli de potestate, la violenza domestica è sistematicamente minimizzata, confusa con il conflitto di coppia, disconosciuta dagli psicologi e psichiatri forensi, i quali rifiutano di recepire le narrazioni degli episodi di violenza e che quasi sempre finiscono per insistere affinchè il rapporto figlio-genitore violento sia garantito ad ogni costo prevedendo ammonimenti all’altro genitore affinchè non ostacoli ed anzi incentivi la frequentazione, sotto velate minacce di essere accusato di alienazione parentale e di rischiare di perdere il minore.

Altro fattore grave, come giustamente rilevato dal Dott. Cianconi, è la dilagante incompetenza circa la violenza domestica dei periti incaricati dal giudice, la mancata previsione di quesiti sul tema e di appositi test. Al contrario, allorchè una delle parti, in sede di operazioni peritali, narri gli abusi subiti, il CTU solitamente chiarisce l’irrilevanza delle dichiarazioni, ai fini della valutazione delle capacità genitoriali. Si arriva al paradosso allorquando i CTU affermino “il giudice chiede una valutazione sulle capacità genitoriali e non sulla violenza, che caso mai andrebbe indagata in sede penale, non è compito del CTU valutare eventuali condotte di abuso, essendo questo il compito di un Giudice all’interno di un procedimento penale, mentre ci troviamo in un procedimento civile e i quesiti del Giudice sono molto chiari in merito. Il CTU non può rispondere su ALTRO rispetto ai quesiti posti” Pertanto, laddove sarebbe di preminente interesse valutare la sussistenza della violenza e le ripercussioni psicologiche sul minore proprio in vista della decisione sul suo affidamento, si afferma il contrario ovvero che compiere atti di violenza non sia così importante per i periti ausiliari del giudice e quindi per tribunali civili italiani. Tale ragionamento è di tale assoluta gravità e contrarietà a norme imperative, alla Costituzione italiana, alla normativa internazionale a protezione dei fanciulli da dover comportare una seria riflessione.

Alla luce, infine, dell’ordinanza in esame, ci si chiede quale debba essere in futuro il ruolo dei sostenitori e simpatizzanti della teoria della alienazione parentale, ed anzi se sia giusto che abbiano ancora un ruolo tanto importante nei procedimenti in cui si decida della vita e della salute di bambini innocenti e parimenti quale sarà il destino delle migliaia di creature strappate al genitore amato ed ancora chiuse nelle strutture o collocate a forza presso l’altro genitore.

Avv. Marina Marconato

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