Violenza di genere- la strage di Cisterna di Latina, una tragedia annunciata
L’Italia è scossa da un nuovo episodio di violenza domestica o, per meglio dire, dalla strage che un uomo, un carabiniere di Latina, ha commesso contro la propria famiglia. Il mostro ha atteso in garage la moglie, da cui si stava separando, e l’ha colpita con vari colpi di arma da fuoco, ferendola gravemente. Seguendo il programma che aveva pianificato, si è poi barricato in casa ed ha ucciso le due figliolette di 8 e 13 anni, rimanendo, per ore, in compagnia dei corpi, mentre le televisioni di tutta Italia, in diretta, trasmettevano le inutili trattative tese a salvare le bimbe già morte.
Lo show di questo personaggio nero si è concluso con il suo suicidio, a completamento di un disegno lucidamente e disumanamente concepito.
L’atrocità dell’evento, che colpisce e genera stupore e disgusto in noi esseri umani dotati di affettività, rischia di velare alcuni aspetti che, invece, è doveroso marcare.
In Italia viene assassinata una donna ogni due giorni e nessuna di esse viene uccisa senza che abbia prima gridato il proprio timore a familiari, amici, forze dell’ordine. Se è vero, difatti, che la maggior parte delle donne subisce per mesi, a volte per anni, sia la violenza psicologica, di cui non riconosce i segni, sia la violenza fisica, tacendo per paura o vergogna o per istinto da crocerossina, è pur vero che, in un tempo che va dai 10 ai 2 mesi precedenti l’omicidio o le lesioni gravissime, queste donne denunciano i mostri che hanno in casa, cercano aiuto e tutela nelle istituzioni, espongono i fatti integranti lo stalking, che precede sempre l’aggressione finale, tentano di allontanare i figli dalla frequentazione con il carnefice, imposta dalla legge e dalla consuetudine.
In questo Paese, infatti, un uomo violento e persecutore, un uomo che minaccia di morte la partner – e mi si spieghi quale sia la premessa logica del convincimento che hanno giudici o assistenti sociali secondo cui egli sarebbe un buon padre – ha tutto il diritto di continuare a vedere i figli.
Mi si spieghi e lo si spieghi alle migliaia di donne fortunosamente sopravvissute o a quei figli orfani di una madre uccisa dal “padre”, perché si possa costringere un bambino ad interagire con un mostro, con una persona che ha dato prova di agire la violenza; perché, qualora la donna si opponga e cerchi di far capire il disagio vissuto dai minori, venga derisa, sminuita o addirittura condannata dalle istituzioni con la sconcertante accusa di “voler pregiudicare il rapporto tra il padre ed i suoi figli”.
A parere del dott. Paolo Cianconi, psichiatra, antropologo, esperto in psichiatria sociale e devianza sociale “l’uomo di Latina era probabilmente uno psicopatico. Un individuo affetto da un disturbo che comporta una peculiare organizzazione delle emozioni, dei pensieri, della volizione e del potere.” “Uno psicopatico” afferma il dott. Cianconi “ha una mente che possiamo immaginare come una specie di circuito autoreferenziale; detto circuito interno non ha altro interesse se non il mantenimento del circuito stesso.
Se il circuito dice: ‘o con me o distruggerò tutto’, questo farà il soggetto. E lo farà non solo senza alcun rimorso o senso di colpa, ma pianificando l’azione con prove e progressivi avvicinamenti al finale costruito. Fino appunto all’atto finale. Uno psicopatico è difficilmente diagnosticato con i test normali, ci vogliono test specifici, ma soprattutto bisogna stare attenti a cosa dice e alla prove che fa per avvicinarsi alla scena finale. Questa attenzione serve a fermarlo in tempo. Il problema con gli psicopatici è che non c’è certezza dell’atto, ma vale sempre la pena di fermarli e non concedere a un individuo su quella strada, il potere di usare un arma o comunque di avere nelle mani la vita di altre persone. Basta il potere di uccidere. Per esempio il pilota tedesco Lubitz fece una strage usando un aereo. Uccidendo tante persone, tra cui molti ragazzi passeggeri. E con questi soggetti c’è sempre il problema delle idoneità. Il certificato di idoneità di volo di Lubitz e il certificato di idoneità all’uso delle armi si sovrappongono.
Secondo il dott. Cianconi: “se si trattava di una persona di questo tipo, l’uomo, era pericoloso, determinato, era perfettamente in grado di capire cosa facesse e quindi perfettamente imputabile se fosse stato fermato in tempo. La psicopatia non offusca le capacità di intendere e volere, si tratta di uomini malvagi e violenti. Il teatro della scena finale era su un cingolo e prima o poi, se non veniva fermato, avrebbe decretato la fine della vita della sua famiglia e della propria giacché il suo programma di vita era stato mutato dalla moglie”.
Questo era il mostro di Cisterna di Latina, uomo che non amava nessuno, che tradiva la moglie, la maltrattava, la minacciava e simulava con le bambine (come si evince dalla telefonata che è stata diffusa) serenità e dolcezza, maschera tra le tante dello psicopatico.
Tuttavia, questa tragedia, come quasi tutte, è stata annunciata.
Antonietta, mi piace fare il suo nome e non quello del carnefice, ha gridato i suoi timori al Comandante dei Carabinieri ma non è stata disposta alcuna visita, anzi a dire il vero, da quanto si è letto in questi giorni, tre mesi fa il marito sarebbe risultato idoneo, tre mesi fa, cioè all’epoca in cui invece aggredì e picchiò la moglie davanti alle figlie, moglie che prontamente segnalò l’accaduto ai suoi superiori; tuttavia, non è stato preso alcun provvedimento, non è stata tolta l’arma dalle mani di questo oscuro personaggio, non si sono adottate misure di protezione, insomma non si è fatto assolutamente nulla, a parte lasciare un uomo pericoloso libero di girare per le strade con un arma lecitamente portata. Ed il rischio non era solo quello della moglie e delle bimbe, ma di tutta la collettività poiché uno psicopatico o comunque un uomo violento è potenzialmente pericoloso per chiunque. Mi si spieghi e lo si spieghi ad Antonietta quali siano stati i test cui il carnefice venne sottoposto e che ne avrebbero attestato l’idoneità
Minimizzare le dichiarazioni delle donne, liquidarle con frasi, spesso ricorrenti, tipo: “signora vedrà che si calmerà”, “signora sono cose che capitano, torni a casa”, “ signora sporga denuncia, poi si vedrà”, “signora, però i figli glieli deve far vedere” determina una precisa responsabilità nell’esatto momento in cui quella signora viene massacrata.
Il mostro ha colpito Antonietta al volto, moltissime vittime sono colpite al volto nel delirio dell’aguzzino del “ io ti tolgo l’identità, tu non esisti se io non voglio” .
Infine, mi si deve spiegare e lo si spieghi alle vittime o ai figli delle vittime o ai loro genitori, perché ad una copiosa parte dei giornalisti, che si abbuffano di programmi sul tema della violenza di genere, viene concesso di pronunciare frasi quali “lui non sopportava la separazione”, “ è stata uccisa per amore”. Si informino questi giornalisti: nessuno uccide per amore, si uccide per incapacità di amore o per interesse; si informino i giornalisti, i politici, gli operatori tutti: non si uccide perché non si sopporta di essere lasciati, ma si uccide perché si è violenti e affetti da gravi psicopatologie che comportano una oggettivizzazione dell’altro. Si informino prima di far passare questo pensiero errato e pericoloso.
Lo Stato si impegni per creare un team di esperti in ogni provincia che raccolga le dichiarazioni di donne maltrattate e sappia dare un codice di urgenza, una rete protettiva intorno alla potenziale vittima, un pool di esperti che interagisca sin dalla prima segnalazione e che metta in comunicazione forze dell’ordine, docenti dei figli, medici di pronto soccorso, assistenti sociali, autorità amministrative locali, magistrati incaricati affinché sia assicurata la necessaria tutela della vittima, con provvedimenti mirati, indagini veloci e efficaci. tutt’altro rispetto alle riposte facili, quasi da pulcinella, di chi dovrebbe difendere e invece finisce per offendere: “ signora, vede, suo marito è tutto fumo e niente arrosto”.
I sistemi per fermare questa carneficina ci sono e sono anche semplici, basterebbe smettere di minimizzare e di soffocare le lancinanti grida di aiuto delle vittime in fascicoli d’ufficio da riporre nello scaffale di stanze in cui la giustizia appare solo scritta su di una parete .