OBBLIGO AL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI
Il dovere al mantenimento dei figli è sancito dall’art. 30 della Costituzione, dagli artt. 147 e ss. c.c. e, indirettamente, dall’art. 315 bis, comma 1, c.c. che impongono ad ambedue i genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle inclinazioni e delle aspirazioni dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Secondo le disposizione dell ’art. 106,del D.lgs. 154/2013, che introduce l’art. 337 septies, viene stabilito che “il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, e’ versato direttamente all’avente diritto…”.
Ad oggi quindi l’ordinamento stabilisce che vi è un vero e proprio diritto di solidarietà teso a tutelare l’ interesse fondamentale dell’individuo a ricevere un aiuto concreto nel corso della sua formazione e crescita, per ogni esigenza di vita e di formazione. Inoltre, con l’art. 337 septies stabilisce che il giudice “può” disporre il pagamento di un assegno periodico in favore del figlio maggiorenne non economicamente indipendente. Il giudice ha pertanto un potere discrezionale e valuta ogni caso concreto.Il mantenimento del figlio è un obbligo che i genitori hanno in solido, e viene ripartito proporzionalmente alle proprie sostanze patrimoniali e alla capacità lavorativa.
L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, consiste sia nelle spese ordinarie sia in quelle straordinarie e, in particolare, riguarda le spese concernenti istruzione e formazione.Il mantenimento quindi ha un contenuto ampio e comprende sia le spese ordinarie della vita quotidiana (vitto, abbigliamento, ecc.) sia quelle relative all’istruzione e persino quelle per lo svago e le vacanze.
L’ obbligo di mantenimento dei figli permane fino al completamento della sua istruzione e formazione in modo che gli possa essere garantita la possibilità di determinare la sua indipendenza economica.
Interessante la statuizione della nona sezione del Tribunale di Milano, nella quale viene disposto, per la prima volta, che con il superamento di una certa età, “il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non può più essere trattato come ‘figlio’, bensì come adulto“. Difatti, parallelamente al dovere dei genitori, sussiste un dovere di autoresponsabilità del figlio maggiorenne che non può pretendere la protrazione dell’obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” (Cass. n. 18076/2014; Cass. Sez Un. 20448/2014 ). Secondo la pronuncia del Tribunale di Milano è, “in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee” non può protrarsi dunque “oltre la soglia dei 34 anni“, età a partire dalla quale “lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non – può – più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto”. La Cassazione,Corte Cass. (ordinanza n.7168 del 12 aprile 2016) stabilisce che l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni,cessa con il raggiungimento di indipendenza economica, la quale si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta. Quindi la giurisprudenza attesta il principio secondo cui non qualsiasi impiego o reddito (come il lavoro precario, ad esempio) fa venir meno l’obbligo del mantenimento (Cass. n. 18/2011) . In particolare la giurisprudenza di merito ha avuto modo di specificare che l’obbligo del genitore – separato e/o divorziato – di concorrere al mantenimento del figlio maggiorenne può ritenersi estinto solo esclusivamente a seguito del comprovato raggiungimento da parte del figlio medesimo di un’effettiva e stabile indipendenza economica ovvero della sua dimostrata colposa inerzia nell’attuazione o prosecuzione di un valido percorso di formazione e/o studio. inoltre, affinché venga meno l’obbligo del mantenimento, lo status di indipendenza economica del figlio può considerarsi raggiunto in presenza di un impiego tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità e un’appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento, adeguata alle sue attitudini ed aspirazioni (v. Cass. n. 4765/2002; n. 21773/2008; n. 14123/2011; n. 1773/2012). Pertanto,se il figlio coltiva delle aspirazioni e voglia intraprendere un percorso di studi per il raggiungimento di una migliore posizione e/o carriera, ciò non può non fa venir meno il dovere al mantenimento da parte del genitore (Cass. n. 1779/2013).
L’ipotesi in cui l’obbligo di mantenimento venga meno per negligenza del figlio
Per l’orientamento costante e unanime della giurisprudenza e della dottrina, l’obbligo perdura sino a quando il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica, non sia causato da negligenza o non dipenda da fatto imputabile al figlio. Per cui, è configurabile l’esonero dalla corresponsione dell’assegno, laddove, posto in concreto nelle condizioni di raggiungere l’autonomia economica dai genitori, il figlio maggiorenne abbia opposto rifiuto ingiustificato alle opportunità di lavoro offerte (Cass. n. 4765/2002; Cass. n. 1830/2011; Cass. n. 7970/2013), ovvero abbia dimostrato colpevole inerzia prorogando il percorso di studi senza alcun rendimento (nella fattispecie la Corte, con sentenza n. 1585/2014, ha escluso il diritto al mantenimento del figlio ventottenne che aveva iniziato ad espletare attività lavorativa, ancorché saltuaria, e non frequentava con profitto il corso di laurea a cui risultava formalmente iscritto da più di otto anni).
Il versamento del mantenimento direttamente al figlio maggiorenne
E’ escluso che il genitore obbligato al mantenimento possa automaticamente, al compimento del diciottesimo anno di età del figlio, iniziare a versare l’assegno direttamente allo stesso. Pertanto, attualmente solo il figlio maggiorenne può, ove lo desideri, chiedere al Giudice di disporre il versamento diretto a sé del proprio mantenimento.
Tutto ciò è, evidentemente, finalizzato ad evitare che il versamento diretto al figlio maggiorenne da parte del genitore onerato possa essere strumentalizzato per sottrarsi al proprio obbligo al mantenimento.
Ai fini dell’esenzione dall’obbligo di mantenimento è necessario un provvedimento del giudice (Cass. n. 13184/2011; Tribunale di Modena 23 febbraio 2011).
L’onere probatorio, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, spetta al genitore che chiede di essere esonerato dall’obbligazione ex lege, il quale deve fornire “la prova che il figlio è divenuto autosufficiente, ovvero che il mancato svolgimento di attività lavorativa sia a quest’ultimo imputabile (Cass. n. 2289/2001; Cass. n. 11828/2009).
Recentemente, la giurisprudenza ha precisato che “Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne cessa non solo quando il genitore onerato dia prova che il figlio abbia raggiunto l’autosufficienza economica, ma anche quando lo stesso genitore provi che il figlio, pur posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbia tratto profitto, sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata e corrispondente alla professionalità acquisita” (Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1858).