Futurosicuro: una stanza tutta per sé (e cinquecento sterline l’anno)
Il 25 ottobre scorso ho avuto il grande piacere di assistere alla presentazione del progetto Futurosicuro, firmato dal gruppo terziario donna Confcommercio Roma. L’evento si è tenuto presso la sede della Camera di Commercio di Roma, nella suggestiva sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano.
Dal 19 maggio 2022 l’ex Tempio di Adriano, sede storica della Camera di Commercio, cambia nome in onore dell’imperatrice. I nomi, difatti, hanno la propria importanza. Vibia Sabina è la moglie di Adriano ma, nel corso della storia, questo luogo è sempre stato conosciuto, unicamente, con il nome di lui nonostante celebrasse entrambi. Oggi, non è più così.
Quale cornice migliore, dunque, per trattare temi di empowerment femminile e cultura per la prevenzione della violenza di genere?
La cronaca nera, purtroppo, racconta ogni giorno femminicidi che seguono un copione sempre più standardizzato. Il teatro, molto spesso, è proprio l’ambiente familiare della vittima. Quanto è utile parlare di cronaca se non si interviene sulle basi culturali dove il problema affonda le sue radici e cresce?
Uno dei presupposti cardine per la lotta alla violenza di genere, lo penso da sempre, è l’indipendenza economica. Quando le donne hanno pieno accesso alle proprie risorse finanziarie e sanno come gestirle sono difatti meno vulnerabili. Spaventoso apprendere che, in Italia, solo il 40% delle donne gestisce un proprio conto corrente.
Che cosa può succedere alle donne se nella loro vita entra la persona sbagliata? Possono incorrere, tra i vari tipi, nella violenza economica. Un tipo di violenza subdola e strisciante del quale, purtroppo, non si parla mai abbastanza. Pensiamo, difatti, sempre alla violenza come alla percossa fisica. A ciò che vediamo.
Quali ricette, dunque, propone questo incontro per arginare la problematica? In realtà vi sono molte proposte, articolate in un dossier di circa cinquanta pagine che potrete trovare sul sito web del gruppo terziario donna. I punti chiave possono essere riassunti in identità, credito, formazione, digitalizzazione e sostenibilità.
Noi donne non siamo solo alla ricerca di un posto a tavola ma stiamo cercando di cambiare il menù, queste le parole di Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook. Quindi non vi è più la necessità di adattarsi ad ambienti creati da una società patriarcale e maschilista bensì di cambiarli.
Tornando a parlare di numeri di violenza, essa è una piaga da eradicare con vera urgenza. Dal 1 gennaio a oggi contiamo novantasei donne uccise, in ambiente familiare. Ventisei uomini, colpevoli, si sono suicidati, altri sei hanno tentato il suicidio. Il fenomeno è complesso e va affrontato. Come? Con la regola delle quattro P: prevenire, proteggere, perseguire e politiche integrate.
Ma queste parole, ripetute nel corso degli anni, quando verranno accompagnate, realmente, dai fatti?
Inutile ribadire quanto sia fondamentale l’educazione al rispetto, a partire dalle scuole e in famiglia. La riflessione sull’educazione per i giovani verso il mondo digitale è ormai necessaria. Ricordo, da piccola, lezioni di vigili urbani sull’educazione del codice stradale e proprio in tal senso dovrebbero intervenire, nelle scuole di ogni grado, esperti per insegnare ai più piccoli le regole di internet. Internet che, per molti, diviene un vero e proprio far west. Pensiamo solo al materiale che i minori condividono, senza consapevolezza, nelle loro chat, ignari di qualsiasi tipo di conseguenza.
Se la cultura del rispetto viene insegnata sin dall’infanzia, sarà poi più facile applicarla anche al mondo del lavoro perché essere rispettati è un diritto.
Tra le molte proposte quella che più mi ha colpito, in positivo, riguarda il NO alla bigenitorialità (legge 54/2006) in caso di un genitore violento. La legge 54/2006 garantisce la bigenitorialità ma non è giusto applicarla verso il genitore violento. Questa legge viene utilizzata come strumento giuridico nei contesti di abusi mentre invece è necessario applicare una politica di tolleranza zero anche in casi diversi, come quelli accennati pocanzi. Bigenitorialità, difatti, non è sinonimo di buona genitorialità.
Anche il concetto di credibilità della donna nella società è un argomento, a mio avviso, fondamentale. Le donne vittime di violenza fanno molto spesso i conti con vittimizzazione secondaria, talvolta, proprio quando denunciano. Questo fenomeno è dato sia dalla cultura degli stereotipi sia dalla scarsa educazione degli operatori sul territorio. Ritorna allora, prepotente, il tema dell’educazione come cardine di ogni cambiamento nella società civile.
Uno schiaffo a una donna è difatti reato ma sono sicura, facendo un sondaggio, che la maggior parte delle persone, tra cui purtroppo molte donne, non lo riconoscerebbe come tale.
Educare gli operatori comporterebbe anche evitare che molte donne abbiano paura delle istituzioni perché, purtroppo, è una paura reale. Molti, sul territorio, non sanno distinguere tra rapporto conflittuale e violenza. Capiamo dunque quanto sia difficile farlo per molte vittime.
Oggi più che mai, è necessario e urgente proporre strumenti reali e tangibili atti a rimuovere ostacoli che limitano le donne nella vita sociale, professionale e familiare. Combattere la violenza economica è fondamentale. Dopotutto, lo diceva anche Virginia Wolf: una ragazza dovrebbe avere una stanza tutta per sé e una rendita di 500 sterline l’anno.